Vita da single felici (forse)
Capita, in una domenica mattina di fine luglio, di goderti la lettura lenta dei giornali in giardino.
Anche se quel giorno lavori (e forse proprio per quello) li sfogli pigramente buttando ogni tanto l’occhio al mare (e maledicendo che devo andare a lavorare, appunto), te li gusti a lungo e non frettolosamente come ogni giorno, arrivi fino alle pagine più in là, quello che di solito salti per passare al prossimo quotidiano.
E in questo piacere ritrovato ti fermi su un articolo: “Più bravi e con più amici, il successo dei single spiegato dalla scienza”, a pagina 19 di Repubblica.
Già dal titolo ti senti un po’ preso per il culo, ammettiamolo. Cinque milioni, il 54,5 degli abitanti di New York. Tutti gioiosamente soli secondo la psicologia. Secondo la docente americana Bella De-Paulo “i single hanno una rete più fitta di relazioni sociali, sessuali e non. Riescono a mettere più passione e impegno nel lavoro. Trovano il tempo per occuparsi degli altri e dedicarsi al volontariato. Hanno affinato la loro autodeterminazione e raggiunto maggior consapevolezza di se stessi, insieme a una maturazione interiore che non si ferma neanche con l’età avanzata”. Ecco qui mi sono sentita definitivamente presa per il culo. Perché detta così, io dovrei innanzitutto avere un’agenda fittissima di impegni che per prendere un appuntamento con me vi serve l’eliminacode. Dovrei lavorare 13 ore al giorno perché sono single (e felice di esserlo): no, credo sia esattamente il contrario, perché se lavoro sabati e domeniche comprese come e quando dovrei trovarmelo un fidanzato (ammesso che ce ne sia uno per me da qualche parte)? Trovare il tempo per dedicarsi agli altri mi pare la ciliegina: io non ho il tempo nemmeno per andare dal parrucchiere, per dire. Quanto ad autodeterminazione, consapevolezza e maturazione interiore nutro serissimi dubbi: io al massimo autodetermino che cosa mettermi la mattina, sono consapevole di essere una gran rompipalle e di maturazione interiore conosco solo quella della frutta che va a male in frigo!
Perché la vita del single non è questa messe di rose e fiori. Perché è vero che mangio quello che voglio e all’orario che voglio, dormo se ho sonno ed esco solo se ne ho voglia. Ma c’è anche quel pizzico di malinconia che ti prende la sera davanti alla tv, se hai voglia di commentare il film e sul divano sei sola. C’è la rinuncia al fine settimana in quel posto romantico e suggestivo perché onestamente andarci con le amiche è come fare harakiri. Ci sono i Natali, i matrimoni e le feste comandate in cui tutto il parentado ti chiede: “E tu? Quando?”. Perché, come dice Elena Stancanelli, nel commento pubblicato accanto, i single “sono schiavi degli inizi, e a ogni nuovo incontro – intendendo per incontro qualsiasi cosa inizi con un bacio e finisca con un dai, ci sentiamo – devono parametrare, decifrare segni occulti. E a ogni nuovo addio devono metabolizzare, fingere indifferenza, ricominciare”: lo avete presente quanti giorni perdiamo a capire cosa avrà voluto dire tizio con quel “mi piace” e quale segno del destino si nasconde in quel messaggio alle 00,11? Quanta nutella ci vuole dopo ogni “dai, ci sentiamo” e quanti vaffanculo ci restano in gola?