Una vita fa
Rimandavo sempre, una volta perché ero stanca, un’altra perché non mi andava. Poi ieri ho deciso che dovevo andare a rovistare fra tutta una serie di cose messe là, in quell’appartamento chiuso, che aspettavano solo di essere trovate.
Man mano che aprivo scovavo piccoli tesori. C’era la gonna lunga di velluto, quella variopinta che mia madre indossava per le feste quando ero piccola. E mi sembrava bellissima. Le sue scarpe con i tacchi con cui ho imparato a stare sui tacchi. Il cappello con le piume che mia nonna indossava per il matrimonio dei miei e il vestito da sposa di mia madre. Quella borsa, quella là, blu, intrecciata. E l’altra quella nera da sera. Ancora prima di aprire ogni scatola sapevo esattamente cosa c’era, quando lo aveva usato mia madre, con cosa lo abbinava. Come ritornare indietro di venti, trenta o quarant’anni.
I colli di pelliccia di mia nonna, i ciripà di quando io e mio fratello eravamo piccoli, una scatola intera di fazzoletti da uomo, di quelli veri, di cotone leggero. Di quelli che non usa più nessuno. Esattamente come i foulard e le gonne di taffetà. Come le lenzuola ricamate che odorano di naftalina e i servizi da thè.
Una vita fa. Quella che a quindici anni snobbavo e che oggi, in quegli oggetti, profuma di famiglia. Quella che ieri – a dispetto delle spugne di Ikea e le t-shirt di H&M, la libreria Billy e la felpa di Decathlon – mi sono andata a riprendere. E che porterò a casa mia, nella casa che oggi vorrei.