Quei ragionieri del cuore
“Ma tu la ami?”. “Al 60 per cento”. Me l’hanno raccontata qualche giorno fa e io ho continuato a pensarci.
Perché la ragioniera che è in me (quella che ha studiato ragioneria, quella che si divertiva fra contabilità e bilanci, quella che voleva fare la commercialista e poi si è ritrovata a fare la giornalista) cercava di capire come il tizio avesse fatto questo calcolo.
La matematica è matematica. E quindi mi chiedevo nel calcolo cosa avesse conteggiato il simpaticone. Tipo: nel 60 per cento di amore cosa c’è, la parmigiana o il sesso orale? Il modo in cui questa donna sorride, il suo profumo o le camicie stirate e la tisana bollente quando con 37,5 di temperatura si sente vicino al Creatore? E quel 40 per cento di cuore che questa poverina non è riuscita a conquistare cos’è? Ha fatto un po’ d’aria di notte? O ha sbagliato il lavaggio e gli ha tirato fuori i calzini rosa shocking e lui non gliel’ha più perdonata?
E allora ho pensato che io un amore in percentuale non lo vorrei mai, perché questi tirchi di cuore mi fanno paura. Perché se scegli una donna (o un uomo, è uguale) devi prenderti il pacchetto completo. Devi prendermi anche con le mie indecisioni, i miei capricci e le mie fisime. Anche se io non amo i locali fighetti ma manco quelli alternativi e ti faccio diventare pazzo per uscire una sera, anche se non amo la salsa di pomodoro nella pizza, anche se mi piacciono i film scemi e quelli antichi. Anche se lavoro fino a tardi e la mattina dormo più di te. Anche perché ti piace quando mi sveglio arruffata, quando mi stiracchio nel letto e quando la sera passare dal divano al letto è peggio di scalare una montagna in ciabatte e a mani nude. Anche quando brucio le cotolette e rovino la tua camicia preferita. Perché alla fine, l’importante è restare se stessi. Anche in due.