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you and me

“Io e te”. Ma anche no

“Io e te… A crescere bambini, avere dei vicini… Io e te… Sdraiati sul divano… Parlar del più e del meno…”. Complice il mio amico Francesco, questa canzone in questi giorni me la ritrovo spesso nelle orecchie. E alla fine mi ritrovo spesso a pensare ai tanti “io e te” che avrebbero potuto essere nella mia vita.

A un “io e te” fatto di un matrimonio, figli già adolescenti o quasi, casa, famiglia, ufficio. Senza un sussulto, senza un’emozione che non c’era più da un po’ (ma te ne accorgi solo guardando a distanza, come rivedendo un film). Solo abitudine consolidata e affetto. Cioè insomma, la camomilla.

A un altro “io e te” fatto di sorrisi finti, accondiscendenza, fascino subìto. Di quelle storie in cui mi sarei sempre sentita quella fortunata. Senza sapere che quello che aveva avuto un gran culo era lui.

O a quell’altro di “io e te” fatto di savoir faire, buone maniere, alta società. Che col mio carattere alla quarta cena impettita avrei infilato le dita nel piatto solo per vedere le facce degli altri commensali e movimentare un po’ la serata.

Poi ci sarebbe anche un “io e te” in cui oggi avrei elegantemente sfoggiato un cesto di corna da competizione. O quell’altro in cui oggi mi ritroverei a cambiargli il pannolone. O ancora l’altro fatto di cazzate a ripetizione e quello di un vorticoso stare in un equilibrio impossibile.

E insomma a me, a me che vivo sempre rimpiangendo quello che non è stato (“È uno strano dolore. Morire di nostalgia per qualcosa che non vivrai mai”, scrive Baricco ed è una delle mie citazioni preferite), Vasco (che non ho mai amato particolarmente, ero più da Baglioni io…) mi ha fatto un regalo. Che io sebbene scombinata, irrequieta, a volte incazzata sono io. Anche senza un “io e te” che forse sarebbe stato solo peggio.


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