Di amici che cresciamo e dolori inevitabili…
Guardo questi due anziani signori che si abbracciano davanti alla salma composta nel salotto, come usa qua. Li guardo e per un attimo torno bambina. Rivedo loro, che hanno perso i compagni di una vita, prima l’uno poi l’altra. Rivedo i miei genitori. Rivedo tutti loro giovani e sorridenti. Li guardo oggi con un groppo in gola perché vedo tutto il peso degli anni che sono passati.
Eravamo un gruppo di bambini, oggi siamo tutti adulti. Ognuno ha preso la sua strada. Alcuni continuiamo a vederci, sentirci, cercarci. Ci proviamo almeno. Altri li abbiamo persi per strada, perché in fondo non ci stavamo simpatici nemmeno a sei anni figuriamoci passati i quaranta. Ci ritroviamo davanti a un lutto. Perché certi legami non si spezzano. Possono non essere coltivati ogni giorno ma io me lo ricordo che il primo (e unico) gatto che entrò a casa mia (e ci rimase tre giorni appena) era figlio di Minù, perché io in quel salotto ci giocavo con Minù ai tempi delle elementari. Perché l’ultima volta che ero stata in quella casa era per aiutare la sposa a vestirsi e accompagnarla in chiesa.
Io in quel salotto ieri sera ho rivisto la mia infanzia. Guardavo quest’uomo e questa donna di una certa età che ricordavano stima e affetto. E pensavo alle feste di carnevale, al poker nelle sale del circolo, alle cene in queste case antiche, alle gite. Pensavo a loro giovani e ai miei genitori che vedo invecchiare. E lo so che è naturale ma pensare che la prossima volta potrebbe essere nel salotto di casa mia ti spiazza, ti fa mancare il terreno sotto i piedi.