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Zuppe, cazzate e desideri non definiti

Ogni tanto invento cose. In cucina intendo, non cazzate. Cose perché definirli piatti mi pare un po’ azzardato. Magari ho una voglia, non so nemmeno bene di cosa. Il più delle volte non ho niente in frigo o in dispensa. Allora invento.

Stasera volevo una zuppa. Ma anche il curry di verdure. Ma non troppo minestra, non mi piacciono i piatti troppo liquidi. Insomma, al solito mio: poche idee e pure confuse.

Non ho preparato gli ingredienti, prendevo un po’ a caso quello che trovavo. È venuta fuori una cosa che farebbe incazzare i toscani, tutti gli orientali di qualsiasi nazionalità e provenienza, i salutisti e magari mia madre che pure non è mai stata una purista dei fornelli.

Ho usato un avanzo di latte di riso e cocco e il minestrone surgelato. Poi ho aggiunto le spezie: la curcuma, la paprika, il coriandolo e il curry. Ma ancora non mi convinceva, allora ci ho buttato dentro pure il pane raffermo, in ricordo di una ribollita memorabile di tanti anni fa, a Firenze (quello chef mi perdonerà). Il risultato? È buonissima. Calda, dolce e speziata, corposa come piace a me.

Mentre la preparavo pensavo: ma che stai combinando? Che è una domanda che mi sono fatta milioni di volte nella vita. Perché io sono così. Parto da un desiderio o più di uno, nemmeno ben definito, e poi vado a braccio, a sentimento, penso col cuore e con la pancia, difficilmente con la testa. E alla fine o vengono fuori dei disastri o dei piccoli capolavori. Come la zuppa di stasera, che fa incazzare un po’ tutti ma è buonissima.


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