Un armadio pieno di vita
Io odio fare il cambio di stagione. E non solo perché è una faticata, perché mi tocca salire e scendere dalla scala (e la metà delle volte rischio di cadere), perché ci arrivo sempre affannata e la sera poi ho il mal di schiena. Lo odio perché devo scegliere. Questo lo tengo, questo lo butto.
Ho un armadio pieno di “quando dimagrisco me lo metto”, “ma è così carino…”, “e se torna di moda?”. Mediamente sono pantaloni, vestiti e gonne taglia 40, anno di grazia 1986. Alcuni hanno ancora le spalline, metti che un giorno si usino di nuovo non posso farmi trovare impreparata…
La verità è che io mi affeziono alle cose. Perché ogni cosa è un pezzetto di vita, una storia, un episodio. Bello o brutto, non importa. Ma io mi affeziono. E tenendomi le cose vecchie mi tengo quel pezzetto di strada che ho fatto.
Ho trovato una maglietta di quando avevo 25 anni, un bacio in una notte d’estate, le gambe abbronzate e una gonna corta. C’è quel vestito, tutto dorato, lo avevamo ribattezzato da Ferrero Rocher, dieci anni e il vento freddo di giugno a Ortigia, il tango. Un tailleur bellissimo, che non mi entra più manco a dirlo, ventiquattr’ore di follia, di emozioni, di sale sulla pelle, di autostrada e baci, un pranzo a Cefalù. E quei sandali neri, quella prima cena, la luce che illumina l’acqua e le rocce a strapiombo di Sant’Elia. Nelle tasche dei cappotti cerco ancora i ricordi di un viaggio, in una borsa ritrovo una lacrima. Non riesco a separarmene, non c’è niente da fare. Li guardo, li metto nel sacco nero, ci ripenso e me li riprendo. Li piego alla bell’e meglio e li riconservo. Ho un armadio pieno, di vita.
Lo chiamano decluttering, liberarsi del superfluo. Ma io perché dovrei buttare questi frammenti di vita? Così come non riesco a buttare i biglietti dei musei e dei treni e dei bus, le cartine sgualcite, il conto dell’osteria, i biglietti da visita. Faccio lo stesso con le storie e gli uomini, mi ci affeziono, me li tengo. Anche quando mi stanno stretti o non vanno più di moda. Li tengo lì, come i vestiti che non uso e le scarpe che mi fanno male. Appesi, in disordine magari, ma tutti lì. Fino al prossimo trasloco. O fino a quando avrò trovato la mia cabina armadio di Carrie.